La nostra finestra sul mondo è diventata, volenti o nolenti, lei: la televisione.
In questi giorni una moltitudine di creativi da ogni parte del mondo si sta prodigando per raccontare a modo suo l’enorme emergenza planetaria che stiamo vivendo e/o affrontando. Nella maggior parte dei casi siamo al riparo delle nostre abitazioni, se siamo fortunati non siamo da soli, e se siamo ancora più fortunati questa brutta bestia chiamata Coronavirus non ha colpito i nostri affetti. L’apporto della creatività in un momento complicato come questo ha diversi benefici. Ci aiuta a leggere quello che sta accadendo in maniera diversa, ci propone stimoli nuovi, ci dona dei punti di vista che probabilmente non avevamo colto.
Un creativo è spinto (più di altri forse) a decodificare questo momento attraverso il proprio linguaggio. E se in questi giorni stiamo vedendo una mole enorme di risposte creative è perchè questa pandemia che stiamo vivendo è un qualcosa di talmente enorme, che non ci si può esimere dal raccontarlo.
Tutti siamo rimasti colpiti, scioccati dalle immagini degli ospedali nei primi giorni dell’emergenza. Medici ed infermieri esausti, i segni delle mascherine sui loro volti, i numeri atroci ed impietosi che ogni giorno ci arrivavano (e continuano ad arrivarci) dal bollettino della Protezione Civile. In questo primo frangente, come reazione istintiva a quanto stava accadendo Marco ha deciso di mettere all’asta un suo acrilico originale su Facebook e devolvere il ricavato alla terapia intensiva delle Molinette di Torino.
Ma i giorni passavano, la quarantena diventava obbligatoria fino a data da destinarsi, e così lo stimolo a raccontare questi giorni si faceva avanti. Una serie di coincidenze ha fatto sì che l’idea giusta arrivasse e nascesse attraverso la collaborazione con Circolo dei Lettori e una nuova particolare fanzine DISTEMAZINE, nata proprio durante la quarantena che ha dedicato il suo primo numero alla CASA.
E lo strumento che ci permette di guardare fuori dal nostro nido è la televisione. Un monitor che diventa la nostra finestra sul mondo, giorno dopo giorno, tg dopo tg, la quarantena viene scandita dalle conferenze stampa dei leader politici. Abbiamo visto scene che rimarranno impresse nella nostra memoria: i carri militari che trasportano le salme fuori da Bergamo, l’esodo alla stazione di Milano oppure i balconi che diventano l’ultimo avamposto disponibile alla “socialità”, alla vicinanza tra persone, abbiamo anche ammirato la natura riappropriarsi degli spazi lasciati (finalmente) liberi dalla presenza ingombrante dell’uomo.
Inutile nascondere quanto questi lavori mi siano piaciuti. Li ho trovati potentissimi nella loro semplicità, e la cosa che più ho apprezzato è stato proprio il punto di vista scelto, che ha posto l’attenzione sui dettagli che quotidianamente digeriamo automaticamente, senza soffermarci più di tanto. In tutti gli schermi che utilizziamo ogni giorno dalle nostre abitazioni, per sentire gli amici, per parlare coi colleghi, per guardare il mondo fuori, c’è una dolorosa e strana distanza che (forse) stiamo imparando a padroneggiare.
Meno male che ogni tanto qualche piccolo segnale di speranza occupa uno dei nostri schermi, dando una luce un po’ diversa alla nostra finestra sul mondo.