Scrivo questo post per raccontare meglio i motivi che mi hanno spinto a lanciare un’iniziativa che condizionerà i miei prossimi due mesi di vita, con stress e ansie varie e del perchè, alla fine ne varrà la pena senza dubbio alcuno. Qui si parlerà di Riace, del suo sindaco Mimmo Lucano, di quello che sta subendo e di quello che questo paese rischia di diventare.
Ho conosciuto Mimmo e la sua Riace nel 2008. Ero assieme a mio padre e con altri due amici lo aiutammo a piazzare una sua scultura in una piazzetta del centro di quel borgo che pareva appartenere ad un altro paese, ad un’altra epoca storica. La scultura era un esplosione di colori nel pieno stile di mio padre (uruguaiano, fuggito dal suo paese negli anni settanta per salvarsi dalla crudele dittatura militare che per anni ha oppresso Uruguay, Argentina e Chile ) e raffigurava l’incontro dei diversi mondi (“Mundos” infatti il titolo).
Rimanemmo una settimana per piazzare tutto e ci affezionammo subito a quel mondo che pareva essere davvero “un’isola felice”. Tra le piccole vie in pietra correvano bambini di ogni provenienza geografica…ogni tanto si notava una piccola bottega di artigiani particolari, un riacese insegnava ad un afgano la lavorazione delle ceramica, nella bottega tessile o del vetro donne locali avevano come aiutanti donne eritree o somale. Era incredibile che in un posto così piccolo e sperduto del sud Italia si parlassero così tante lingue. Capii subito che Mimmo aveva una grande fantasia e voglia di inventare nuove strade. Tutti avevano qualcosa da fare e se non c’era niente ce lo si inventava. Tra le figure che davano una mano alla comunità c’era addirittura un asino. C’era infatti, alle spalle del centro del paese un piccolo dirupo dove nel tempo si era accumulata immondizia, il modo migliore per riuscire a risanare quel pezzo di paese era proprio un mulo che, accompagnato da un richiedente asilo, percorreva su e giù la scarpata rimuovendo la spazzatura.
Tutto bellissimo insomma. Non fosse che la settimana prima del nostro arrivo a Mimmo era stato recapitato un messaggio. Non era il primo e non sarebbe stato l’ultimo. Il messaggio consisteva in due proiettili sparati contro la sede dell’associazione “Città Futura”, cuore pulsante di tutti i progetti. Mimmo ci chiese che si poteva fare e a mio padre venne l’idea di lasciare i due fori dei proiettili in bella vista, e di proteggere la porta vetro con le mani di tutti i bambini di Riace. Tutte quelle piccole mani proteggevano Mimmo dalla mafia. Già perchè un sindaco così risultava scomodo, molto scomodo. Prima e dopo i proiettili si alternarono altri diversi tipi di minaccia, ma Mimmo non si è mai chinato.
Il “mal di Riace” è una patologia che colpisce tutti coloro che sono stati del tempo lì. Prese anche me e quindi ci tornai l’estate seguente assieme ad un folto gruppo di amici. Prendemmo parte alla manifestazione “I Colori della Memoria” dove per due settimane realizzammo (assieme ad altri giovani della zona) diversi murales in memoria delle vittime di mafia. Due di quei murales sono stati ripresi più volte e sono il ritratto di Peppino Impastato nella piazza principale e le nuvole con i nomi dei paese ospitati. Fu un esperienza incredibile, respirare umanità in quel modo è un esercizio che ogni persona dovrebbe fare, per toccare con mano l’assoluta uguaglianza che lega gli esseri umani e capire che alla fine è solo una questione di fortuna nascere in un posto più fortunato di altri. Dal 2009 presero poi forma altri sei campi lavoro di giovani che da Torino partivano alla volta della Calabria per dare una mano a fare quello che c’era bisogno di fare.
Questa è una, credo, dovuta introduzione al perchè dopo che è successo quello che è successo a Mimmo ho deciso che non potevo starmene con le mani in tasca e non fare niente. Le colpe che gli si imputano fanno ridere, specie se calate nel contesto di un territorio, la locride, rovinato da decenni dalla ‘ndrangheta e dove nelle coltivazioni braccianti sfruttati muoiono sotto l’omertà di un caporalato avvallato da una sfuggente maggioranza, che preferisce far finta di non vedere per non mettersi nei guai. Il dualismo dei due mondi che dividono il nostro paese si riassume così, da una parte una deriva autoritaria, razzista, che ha paura del diverso, che impone con forza e arroganza il suo volere e dall’altra un’alternativa di umanità, di semplicità e, fondamentalmente, di amore.
Così, dopo un po’ di pensieri e valutazioni ho sentito il mio caro amico Marco Cazzato e gli ho sottoposto cosa avevo in mente. Marco non ha esitato un momento e da lì siamo partiti, invitando dapprima gli autori che conoscevamo e poi allargando l’invito un po’ a tutti. Non sapevamo quanto potesse diffondersi questa “call” ma di fatto ci è esplosa in mano. In poche ore la pagina Facebook “Matite per Riace” contava già migliaia di like e di condivisioni e, ad oggi che scrivo, ci sono arrivati più di 200 disegni non solo da ogni parte d’Italia ma anche da Londra, Parigi, Lione, Barcellona e Teheran.
Quello che vogliamo creare con questa iniziativa è innanzitutto far arrivare un enorme abbraccio colorato a Mimmo Lucano per fargli sapere che non è solo; in secondo luogo tutti i materiali raccolti andranno a comporre una grande mostra con conseguente asta, dove speriamo di coinvolgere e sensibilizzare il maggior numero di persone all’acquisto dei disegni donati per la causa. Più riusciremo a raccogliere e maggiore sarà l’aiuto che potremo fare arrivare a tutti quei progetti riacesi che ad oggi non sanno se riusciranno ad andare avanti. Tutto il ricavato infatti sarà devoluto alla raccolta fondi #IOSTOCONRIACE lanciata dalla RECOSOL.
Tutti insieme, con la forza delle matite, possiamo fare qualcosa.